Ma come ci si veste oggi?

 Vestirsi oggi: tra comfort, colore e confini spariti. Cos'è successo al nostro modo di vestire?


Negli ultimi anni, qualcosa è cambiato e non solo nelle tendenze moda, ma nel modo in cui ci relazioniamo ai vestiti, alle occasioni, a noi stessi.
Nel mio lavoro- tra il negozio, la consulenza d'immagine e i social - ho ascoltato centinaia di voci.

Una delle tante frasi che mi è rimasta in testa è stata sicuramente "Questa giacca è bella, ma per dove devo andare..è troppo impegnativa" (si trattava di un comunissimo blazer nero).

Ecco, questa frase, apparentemente banale, racconta un'intera rivoluzione culturale, una rivoluzione che parte da casa, attraversa una pandemia, e ci porta a chiederci: "Ma come ci si veste oggi?"

  Il lockdown e la scoperta del comfort

L'anno 2020 ci ha tolto tanto, ma ci ha anche mostrato qualcosa: che non abbiamo bisogno di stringerci nei jeans per sentirci vivi.
Sono esplosi i longuewear, i pantaloni comodi, le felpe oversize, ed abbiamo imparato a lavorare in tuta, a stare comodi anche in videochiamata; ed in qualche modo abbiamo capito che il comfort non è sciatteria: è un bisogno reale.


                                    

Il ritorno del colore: vestirsi per sentirsi vivi

Nel 2022 qualcosa si è risvegliato: dopo il grigio delle giornate identiche, è tornata la voglia di colore, di energia, identità
Molte persone hanno riscoperto il piacere di valorizzarsi, di scegliere il colore giusto per illuminarsi, ed anche l'armocromia ha avuto un vero e proprio boom: non perché " va di moda" ma perché c'è fame di riconoscersi.

                                     

   2023 e oltre: il comfort "consapevole"

Dal 2023 (periodo in cui avevo aperto il mio punto vendita, chiuso poi in questi giorni) in poi, ho iniziato a sentire spesso questa frase: " mi piace ma è troppo impegnativo " , non si tratta di blazer o giacche ma per gli abiti in generale.

Oggi le persone cercano vestiti che non le facciano sentire fuori luogo, anche quando vogliono essere eleganti, e la parola chiave è : versatilità.
Un abito che va bene per l'ufficio ma anche per l'aperitivo, una scarpa che sia bella ma che non distrugga i piedi, e poi ancora uno stile che rispecchi chi siamo, senza diventare una maschera.

 Il crollo del dress code: libertà o caos?


Un'altra frase che ho sentito più spesso è - e che spesso dico anch'io - " Non c'è più un dress code " e purtroppo è vero: c'è chi va a prendere il pane vestito come ad un matrimonio, e chi va ad un matrimonio come se dovesse solo fare benzina e, personalmente, trovo la cosa ineccepibile.

 Non è una questione di estetica, ma per una questione di rispetto e presenza.





Vestirsi per un'occasione non significa omologarsi, significa esserci davvero.
Dare un valore al momento, mostrare che hai scelto di partecipare con intenzione, e non per sbaglio, ed infatti il dress code non è una gabbia ma è un linguaggio, e se usato con consapevolezza, può diventare uno strumento bellissimo per esprimere identità e rispetto.


  Conclusione: vestirsi per vivere, non per apparire

Non dobbiamo più tornare indietro, non dobbiamo rinunciare al comfort né al colore, ma forse è il momento di reintrodurre il senso del contesto, la capacità di scegliere abiti che parlino di noi, ma anche del luogo in cui ci troviamo, e delle persone con cui siamo.

Vestirsi non è solo coprirsi : è una dichiarazione d'amore per sé, per la vita e per il momento presente.


Ciao belle donne.

  Elisa.


(c) 2025 Elisa Sinigaglia -Vietata la riproduzione senza consenso 



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